Conoscere una verità non significa seguirla, per applicarla serve l’esperienza diretta delle conseguenze negative o positive causate dalla sua mancata osservazione.
Ecco perché i consigli dei genitori appaiono noiose paternale.
Per questo è stato posto il perdono a rimedio del peccato.
Infine si dice che l’esperienza matura il carattere della persona.
Tutti sappiamo che maneggiare con disinvoltura un coltello può ferirci, ma fino a quando non ci tagliamo e proviamo il dolore, resta soltanto l’idea teorica di un possibile pericolo.
Alcuni hanno bisogno di sbagliare più volte prima di assimilare la verità, l’intensità del dolore provato non è stato sufficiente.
L’esempio di un’esperienza negativa che condiziona il comportamento di un’intera vita ci viene offerta dall’elefante.
Al circo gli istruttori degli elefanti, per “educare” il pachiderma a fermarsi e attendere pazientemente i loro ordini, sin da piccoli legano i cuccioli per molto tempo ad un palo.
L’elefantino inizialmente si ribella e strattona, ma poi, sperimentato il dolore e la frustrazione di non potersi liberare, si convince che continuare a strattonare é inutile, castigante e allora accetta di non muoversi più.
Si insinua così nel suo essere una convinzione per cui è meglio star fermi quando si è legati e tale convinzione la ricorderà per sempre.
Quando diventerà adulto, che con la sua mole potrà scardinare ogni cosa, l’esperienza infantile lo costringerà a stare buono e fermo ogni volta che lo si lega…anche se il punto di attacco fosse un debole appiglio o la mano di un bambino.
La verità ha bisogno di essere provata, vissuta sulla propria pelle…soltanto allora si prende consapevolezza del suo valore e della portata in positivo o in negativo delle sue conseguenze.
Purtroppo, in alcuni casi, la consapevolezza acquisita non compenserà il danno subito.